Parola di Ali al-Hajer, membro del board della Kuwait Petroleum Corporation.
In un intervista rilasciata ieri al quotidiano kuwaitiano Al-Seyassah ha infatti dichiarato "Se persisterà l'embargo contro Tehran e se le opzioni belliche continueranno a rendere incandescente il clima politico in questa regione del mondo, presto ci troveremo con il barile sopra quota 160 e questo sarebbe economicamente grave, per i paese consumatori". Un quadro a tinte fosche quello dipinto dal dottore che preannuncia, nel breve periodo, un impennata del prezzo del greggio che rischia di mettere in ginocchio la nostra economia e in tilt un intero sistema di trasporti. Non si è fatta attendere e ha colpito al tallone d'Achille dell'Europa la reazione dell'Iran alla decisione presa dai 27 paesi membri dell'Ue lo scorso 23 gennaio di non stipulare più contratti per l'importazione di greggio a partire dal prossimo 1° luglio in risposta al programma nucleare iraniano. La minaccia del mondo occidentale però, non ha scalfino minimamente l'imperturbabilità del leader Ahmadinejad, deciso a mantenere una linea dura: "Non abbandoneremo il nostro programma nucleare, anche a costo di non vendere più una goccia di petrolio" ha dichiarato. Cosa che però non accadrà, e il leader lo sa.
Un disegno di legge teso a bloccare l'esportazione del petrolio in Europa per i prossimi 15 anni è già sul tavolo del governo iraniano. Quattro gli articoli già stesi, secondo i portavoce, tra cui il taglio all'esportazione di greggio all'Europa fino a quando non finiranno le sanzioni petrolifere contro l'Iran e il blocco delle importazioni di merci provenienti da quei paesi che decidessero di applicare le sanzioni. D'altronde, ha fatto notare il ministro del petrolio iraniano Rostam Qasemi, solo il 18% dell'oro nero dell'intera repubblica islamica arriva nei serbatoi europei: il resto va dritto in Cina e in Russia, paesi con cui l'Iran sta di recente rafforzando i suoi rapporti e che, se si dovesse confermare la minaccia di embargo, diverrebbero suoi partner privilegiati. "Siccome alcuni Paesi Ue hanno progetti in corso in Iran – ha proseguito il ministro - siamo obbligati a vendere loro il nostro petrolio. Ma se decidono di non comprarlo, non ci sono problemi" ha aggiunto Qasemi, riferendosi molto probabilmente proprio al nostro paese, che tra il 2001 e il 2002 ha siglato contratti di buy-back per lo sviluppo dei giacimenti South Pars e Darquain per i quali l'Eni ha un credito in greggio di circa 2 miliardi di dollari, escluso dagli effetti delle sanzioni Ue "Ma se un giorno non ci sarà più petrolio dall'Iran - ha concluso il ministro - ci sarà un grande disordine sul mercato e la gente europea ne soffrirà. E quelli che sono in difficoltà economiche ne pagheranno il costo". Insomma l'Iran non ha bisogno dell'Europa e lancia l'ultimo avvertimento: Bruxelles riveda le proprie decisioni o l'iter del progetto di legge che dispone i tagli all'export in Europa partirà da subito. Ai produttori Opec del Golfo l'Iran chiede di rispettare le proprie quote di produzione e non supplire con un incremento al venir meno di quelle iraniane; alla Turchia, invece, l'Iran nega lo sconto del 25% sul gas naturale, richiesto per il suo contratto da 25 anni.
Insomma l'Iran di Ahmadinejad appare ancora fortissimo sul piano internazionale e non si lascia scalfire dalle minacce europee: l'agenzia news iraniana Fars ha diffuso ieri la notizia secondo la quale "gli ambasciatori di diversi Paesi europei come Francia, Grecia, Germania e Italia" starebbero "disperatamente tentando di chiedere al Parlamento dell'Iran il superamento di quel disegno di legge che vorrebbe l'interruzione delle esportazioni di petrolio iraniano in Europa". Se questo non dovesse accadere, già nei prossimi mesi il greggio salirebbe a 160 dollari al barile: un aumento destinato, addirittura, ad aumentare nel giro di otto mesi quando è previsto il prossimo scatto di aumento dell'IVA, che passerà dal 21% al 23%, influenzando notevolmente i prezzi di un pieno, oltre che tutte le altre spese.
Ad annunciare tempi bui anche il partner di Roland Berger Italia Paolo Massardi, che in una nota allo studio "Oil Price Forecast 2012" scrive "I prezzi del petrolio potrebbero avere nel 2012 un ulteriore incremento con conseguente impatto sull'economia globale già in difficoltà. La media delle stime di Arabia Saudita, Messico e Russia è di un West Texas Index medio sull'anno a 111 Dollari a barile. Dal 1999 al 2011 queste tre nazioni hanno dimostrato una particolare capacità di prevedere con accuratezza (errore inferiore al 10%) l'evoluzione dei prezzi per l'anno. I segnali sui prezzi legati anche alle recenti tensioni con l'Iran sembrano confermare il prospettato incremento".
Sul caro carburante, oltre che ai classici fattori legati alle fluttuazioni delle quotazioni del greggio e all'andamento del cambio tra euro e dollaro, influirà anche l'inefficienza del nostro governo nel proporre un piano liberalizzazioni adeguato alle richieste del settore l'inefficienza di una rete distributiva: 1 cent di aumento per il greggio della Esso, addirittura 3 cent in più sulla verde della IP (che però è scesa di 1 cent sul diesel) e 0.6 di aumento anche per la Tamoil per un prezzo medio che, secondo fonti di quotidianoenergia.it, va dall' 1,760 euro degli impianti Eni all'1,766 di quelli IP e Tamoil. Per il diesel si passa dall'1,716 euro di IP all'1,722 di Tamoil. Il Gpl è tra lo 0,745 euro/litro di Eni e lo 0,756 di TotalErg e Tamoil salvo picchi che, nei giorni scorsi, hanno sfiorato l'1.822 euro.
E così sebbene stamane al risveglio dei mercati europei gli investitori potevano rallegrarsi con un abbassamento del prezzo del petrolio sulla piattaforma Ue a causa, secondo diversi osservatori, delle incertezze sull'Eurozona, meglio non entusiasmarsi troppo: si tratta della classica quiete prima della tempesta. Una tempesta per ora solo annunciata: ma che se si arrivasse ad un vero e proprio attacco all'Iran, potrebbe costringere l'Europa intera ad andare in bicicletta!
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